arte islamica angeli timothy noad 1
arte islamica angeli timothy noad 1

Un angelo messaggero, adattato da un manoscritto miniato persiano del XVI secolo dello Shahnama. Dipinto utilizzando tecniche e materiali tradizionali islamici, tra cui lapislazzuli, malachite, vermiglio e oro su carta. Timothy Noad

Chiedo al mio Signore di aiutarmi a essere giusto e di essere un sostenitore della giustizia. Questo è quanto chiede il Signore dal tempo del primo uomo, Adamo (a.S.), fino ai nostri giorni e che chiederà fino all’Ultimo Giorno. Chi si alza per difendere la giustizia è detto “Haqqâni” (Veridico) e questo titolo è la base essenziale per raggiungere ogni rango di onore alla Presenza Divina.

Il giorno in cui la verità beneficerà i veridici.”

Non significa nulla se in questa vita siamo conosciuti come musulmani, cristiani, ebrei o buddhisti, ma Allah si preoccuperà di stabilire se ci siamo meritati il titolo di Haqqâni. Coloro che sono stati Haqqâni in questa vita verranno trasformati in modo tale che le loro stesse essenze adotteranno Attributi Divini, così che diventeranno “Rabbâni” o essenze che appartengono all’Intimità Divina. A riguardo di questa gente Allah dice:

“O miei servitori, obbeditemi e Io vi renderò Rabbâni così che potrete dire a una cosa “Sia!” e quella sarà.” (Hadîth Qudsi)

Quando uno raggiunge il livello di Rabbâni, Allah lo riveste dei Suoi Attributi e lo rende Suo Rappresentante. Poi gli concede una volontà che non è quella personale, ma la Sua. La via per raggiungere il maqām (la stazione) di “Rabbâni” passa attraverso la stazione di “Haqqâni” e chi intende sinceramente essere “Veridico” riceverà da Lui la direzione.

Qual è la natura della stazione di “Rabbâni”? Per coloro i quali risiedono in quella stazione l’oceano appare loro come una pozzanghera e il mondo intero come una briciola nelle loro mani. Abdul Wahhâb ash-Sharâni (Q.s.), grande sufi egiziano, disse che alcuni uomini di Dio vedono il mondo come una candela, altri come un atomo. A un uomo di Dio verrà prima mostrata la natura dell’universo e quella di tutte le sue creature, poi conoscerà a riguardo del suo Signore, l’Onnipotente. Per questo, nella notte del Volo Celeste al Profeta Muhâmmad (s.A.’a.s.) fu mostrato l’intero universo e solo successivamente fu invitato a lasciarlo e a entrare nei reami della Verità Assoluta. Lasciò ogni cosa, incluso il suo stesso ego, ed entrò alla Presenza Divina, ma solo dopo che gli fu mostrata ogni cosa di questo mondo entrò negli Oceani dell’Unità.

Entrò negli Oceani dell’Unità ma gli fu ordinato di ritornare al mondo per invitare tutte le Nazioni a seguirlo nella Presenza Divina. Coloro che prestano attenzione alla sua chiamata e ascendono i sette cieli appartengono a due gruppi distinti.

Il primo gruppo è quello di coloro che potenzialmente possono raggiungere la stazione di Jibraîl (l’Arcangelo Gabriele a.s.). Jibraîl condusse il Profeta Muhâmmad (s.A.’a.s.) nella sua ascensione, poi a un certo punto si fermò, per paura di essere annichilato nel Divino. Quella è la stazione più alta che si possa raggiungere con la mente.

Il secondo gruppo è quello di coloro che sono preparati a sacrificare tutto, pure se stessi, per raggiungere gli Oceani dell’Unità. La loro Stazione è quella di Unità Assoluta (Ahadiyya), mentre la Stazione di coloro che sono incapaci di liberarsi dal giogo della mente, delle forme e della relatività è la Stazione di Jibraîl (a.S.), la stazione della consapevolezza dell’Unità, Wahadiyya. La Stazione di Wahadiyya è negli Oceani dell’Unità, ma è una “sottostazione”. E comunque il limite più elevato raggiungibile dai ricercatori, oltrepassabile solo dagli eletti.

La via per la stazione di Unità Assoluta, Ahadiyya, è quella di totale rinuncia interiore a qualsiasi speranza di essere qualcosa. Alcuni dei nostri fratelli mi hanno chiesto di aprire loro le porte dell’Attrazione Divina, Jâdhbah. È un tipo di potere, ma dispensare potere non è il mio lavoro, che è invece quello di portalo via, così che uno possa essere a mani vuote e così candidarsi alla stazione di Unità Assoluta.

Se una persona impreparata dovesse ricevere poteri spirituali potrebbe solo causare rovina e distruzione, per se e per gli altri. Un bambino può ammirare gli alti cavalli che montano i poliziotti, ma se dovesse salirvi sopra pensate che sarebbe capace di controllarlo? A volte un padre può mettere il suo bambino sulle ginocchia mentre guida in una strada tranquilla e può lasciargli girare il volante, ma pensate che lo stia realmente lasciando guidare?

Solo a chi ha soggiogato il suo ego può venir dato del potere. Un razzo non viene lanciato fino a che tutti i suoi sistemi non sono stati controllati più e più volte e il lancio di ogni singola anima verso la sua destinazione celeste è molto più importante del lancio di un missile, per cui non immaginatevi che i Grandshaykh (Q.s.) diano facilmente del potere ai loro murîd.

Una volta Ubaydullâh al-Ahrâr (Q.s.) chiamò uno dei suoi discepoli e disse: “O Abdullâh, scala quella montagna e aspettami là, io arriverò dopo di te.” Il murîd scalò la montagna e iniziò ad aspettare. La mattina passò, poi il pomeriggio. Il sole tramontò ma dello Shaykh nessun segno. Il giorno seguente il dervîsh aspettò pazientemente, ma ancora lo Shaykh non venne. Ma il suo ordine era chiaro, così aspettò: una settimana, un mese, un anno, cinque anni, sette anni. Sopravvisse su quella montagna come potrebbe sopravvivere un animale selvatico. D’estate si cibava di bacche e d’inverno della corteccia degli alberi. Quando pregava gli uccelli si posavano sulle sue spalle e di notte mentre recitava il suo dhîkr gli animali si riunivano in cerchio intorno a lui.

Così aspettò per sette anni, senza alcuna notizia del suo Grandshaykh (Q.s.). Ma il Grandshaykh aveva ricevuto l’ordine di mandare quel murîd sulla montagna dal Profeta Muhâmmad (s.A.’a.s.) e stava aspettando l’ordine di andarlo a prendere. Quando l’ordine arrivò lo Shaykh salì in un batter d’occhio alla tana del murîd e gli disse: “Figlio mio, perché mi hai aspettato qui così a lungo? Ti avevo detto che sarei venuto, così quando non mi hai visto arrivare, perché non sei venuto a vedere cosa mi fosse successo? Potevo essere morto, o essermi fatto del male o essermi perso sulla montagna: perché non mi hai cercato?”

Il murîd rispose: “O mio Maestro, mi era stato ordinato di aspettarti, non di cercarti. Tu mi hai ordinato di aspettarti vino al tuo arrivo e, come dice il detto: “Qualunque cosa prometta una persona nobile, la manterrà” così, cosa posso dire di te, o più nobile fra gli uomini! È possibile che tu prometta una cosa e manchi alla tua promessa? Ti avrei aspettato qui anche fino all’Ultimo Giorno. Un cane ti avrebbe aspettato se tu glielo avessi detto, come potrei essere meno leale e ubbidiente?

Inoltre non è stato troppo difficile aspettarti, sei venuto prima che morissi, avresti potuto anche lasciarmi fino a quel tempo. Avevo fiducia della tua parola, non dei giudizi della mia mente, perché so che tu hai cura di me.” Il murîd aveva capito che il suo Shaykh non lo stava realmente sgridando per essere rimasto lì, ma lo stava esaminando ripetendogli gli stessi argomenti e le stesse obiezioni che il suo ego gli aveva presentato quando lo Shaykh non si era fatto vedere al momento dovuto.

Quel discepolo aveva raggiunto lo stesso livello di fiducia nel suo Shaykh e, tramite il suo Shaykh, nel Profeta (s.A.’a.s.) e quindi in Allah che aveva raggiunto Abramo (a.S.) in quanto a fiducia in Allah (tawâkkul). Quando Abramo (a.S.) fu gettato nel fuoco da Nimrod, l’Arcangelo Gabriele (a.S.) venne e gli chiese: “Hai bisogno di aiuto?” Abramo (a.S.) rispose: “Ho bisogno dell’aiuto del mio Signore, non del tuo.” Gabriele (a.S.) disse: “Allora chiedi aiuto al tuo Signore.” “Non è necessario chiedere, perché Lui mi vede, sa bene dove mi trovo e ciò di cui ho bisogno.”

Quel murîd era esattamente su quel livello di fiducia nel suo Shaykh. Sapeva che il suo Grandshaykh non è un cieco e che quindi era perfettamente consapevole della sua situazione. Per questo rispose alle domande del suo Shaykh dicendo: “O mio Shaykh, senza alcun dubbio mi stai tenendo all’interno della portata della tua visione spirituale, perché dovrei allora servirmi della mia mente e della mia volontà quando ti ho dato le redini della mia volontà con piena fiducia che tu mi guiderai fino al compiacimento del mio Signore. Sono nelle tue mani come il morto è nelle mani di chi lo lava prima della sepoltura.”

A quel punto apparve uno stormo di colombe selvatiche che erano di scorta ad un grande uccello verde, un uccello che appare ai murîd che hanno completato con successo il loro ritiro.

Questo è il segno che il murîd è pronto per essere scortato alla presenza del Profeta Muhâmmad (s.A.’a.s.) e dei Grandshaykh della sua assemblea. Il Profeta (s.A.’a.s.) ordinò a Ubaidullâh (Q.s.): “Ora sono testimone che il tuo murîd ha sottomesso completamente il suo ego, puoi dargli i suoi poteri.”

I poteri che si ricevono a questo punto sono sei:

1) Haqîqat ul-Jâdhbah (il segreto dell’attrazione)

2) Haqîqat ul-Fayd (il segreto dell’emanazione)

3) Haqîqat ut-Tawâssul (il segreto del collegamento)

4) Haqîqat ut-Tawâjjuh (il segreto dell’orientazione)

5) Haqîqat ul-Irshād (il segreto della guida)

6) Haqîqat ut-Tayy (il segreto del ripiegamento dello spazio).

Nessun potere viene dato fino a che il Profeta (s.A.’a.s.) non appare al Grandshaykh e prende su di sé la responsabilità del murîd e, in quel momento, vengono spalancate le chiuse.

Nella nostra via non abbiamo mai la pretesa di dire che sappiamo qualcosa o che siamo qualcuno, perché la dissoluzione negli Oceani dell’Unità richiede l’abbandono di ogni presunzione. La maggior parte della gente al contrario spreca la propria energia vitale in futili tentativi di raggiungere qualche cosa da afferrare con le proprie mani e, quando aprono le mani e vedono ciò che hanno, comprendono che in realtà non hanno nulla e, se mai vi trovano qualcosa, questo vola via appena le mani si aprono. Anche i ricercatori della Verità a volte tentano una “presa” cercando di raggiungere una stazione spirituale per la soddisfazione del proprio ego. In questo caso il ricercatore non ha completamente rinunciato all’autocompiacimento, ma, in accordo con il suo livello, potrà comunque raggiungere il bene in questa vita e in quella futura, ma non la stazione più alta, la stazione di Ahadiyya. Solo chi abbandonerà ogni desiderio di questa vita e di quella futura raggiungerà una appagamento che nessuno può immaginare.

Un discepolo diviene idoneo a ricevere questi poteri quando si libera dalla tirannia del proprio ego. Quando gli vengono concessi diventa un uomo libero, per sempre libero dalle limitazioni del tempo e dello spazio. Il tempo e lo spazio sono delle illusioni che ora ci legano. Quando saremo liberi essi saranno al nostro comando.

Il potere di attrazione (jâdhbah) è il potere che rese possibile al santo consigliere di Salomone (a.S.) di portare il trono della regina di Saba dallo Yemen a Gerusalemme in meno di un batter d’occhio (Corano 27,40). Questo potere rende capaci di attirare a sé qualsiasi cosa: gli oggetti inanimati sono i più facili da attirare, gli uomini i più difficili.

Il potere di emanazione (fayd) è il potere di essere il mezzo per il trasferimento dell’esperienza della Presenza Divina al murîd. È quella luce onni-pervadente che fa straboccare il recipiente: il Profeta (s.A.’a.s.) è il recipiente in cui questi favori Divini vengono riversati e, poiché questi sono senza limiti, fluiscono dal suo cuore al cuore dei Santi e dal loro a quello dei murîd.

Il potere di collegamento (tawâssul) è la capacità di ricollegarsi in ogni momento alla catena di trasmissione dei poteri e dei favori Divini. Per i Santi è la conoscenza intima delle realtà (haqaîq) del Profeta (s.A.’a.s.) e di quella catena di Shuyûkh che conducono a lui. Per coloro che sono degli aspiranti a quelle stazioni è l’invocazione giornaliera dei nomi dei Grandshaykh (Q.s.) che conducono su fino al Profeta Muhâmmad (s.A.’a.s.). Nel nostro tempo, il tempo che precede la venuta di Imām al-Mâhdi (a.S.), tanta gente avrà accesso a questo potere come mai prima d’ora.

Il potere dell’orientazione: (tawâjjuh) con questo potere lo Shaykh rivolge il suo cuore verso quello del murîd per poter rivolgere così i loro cuori verso la loro destinazione. Se uno Shaykh non è capace di fare questo, allora è senza significato chiamarlo con questo titolo. Il primo passo è quello di far rivolgere il cuore del murîd verso il suo, dopo di che sarà possibile farlo rivolgere più in su.

Il potere della guida (irshâd) è il potere di guidare uno lungo il suo cammino fino alla sua destinazione una volta che sia stato diretto verso quella direzione tramite il potere dell’allineamento. Per esempio, arrivare all’aeroporto di Heathrow non è sufficiente, dovete essere portati o vi deve essere spiegato come arrivare alla vostra specifica destinazione a Londra. Per cui essere girati verso la giusta direzione è solamente il primo passo: la porta del labirinto, ma dovete essere guidati attraverso di esso fino all’uscita.

Il potere del ripiegamento dello spazio (tayy) è il potere di viaggiare dove si vuole in qualsiasi luogo dell’universo senza realmente percorrerne la distanza, ma piuttosto “arrotolandola” come una pergamena. Questo è possibile solo per coloro che hanno sottomesso completamente il loro corpo fisico. Attualmente le nostre anime sono ingabbiate nei nostri corpi fisici. Il segreto di questo potere è che, portando il corpo fisico sotto controllo questo diventa ingabbiato nel nostro corpo spirituale e i movimenti del corpo spirituale non sono impacciati come quelli del corpo fisico. Cos’è la velocità di un asino in confronto a quella della luce? La velocità della luce è come quella di un asino in confronto a quella del corpo spirituale.


Tratto dal libro “Il Giardino della Conoscenza