

Sura I
Al-Fâtiha
L’Aprente [1]
Rivelata alla MeccaLa città santa, è costituita da 7 ayàt ed è scesa dopo al-muddàththir (Sura 74). Il nome viene dal verbo fàtaha, che significa: aprire, dare inizio. È detta anche “suratu al-hàmd” (Sura della Lode).
بِسْمِ ٱللَّهِ ٱلرَّحْمَٰنِ ٱلرَّحِيمِ
In nome di Allah, il Compassionevole, il Misericordioso [2].
- Hamza P.
- Hamza P.
Nel nome di Dio, il Clemente, il Compassionevole.
- Zilio Grandi
- Zilio Grandi
Nel nome di Allàh, al-Raḥmān (il Sommamente Misericordioso), al-Raḥīm (il Clementissimo),
- Abdur Rahman P.
- Abdur Rahman P.
ٱلْحَمْدُ لِلَّهِ رَبِّ ٱلْعَٰلَمِينَ
La lode [appartiene] ad Allah [3], Signore dei mondi [4],
- Hamza P.
- Hamza P.
Sia lodato Dio, il Signore dei mondi, [2]
- Zilio Grandi
- Zilio Grandi
La Lode (al-ḥàmdu) appartiene ad Allàh, il Signore di tutti gli universi,
- Abdur Rahman P.
- Abdur Rahman P.
ٱلرَّحْمَٰنِ ٱلرَّحِيمِ
il Compassionevole, il Misericordioso,
- Hamza P.
- Hamza P.
il Clemente, il Compassionevole,
- Zilio Grandi
- Zilio Grandi
Il Sommamente Misericordioso, il Clementissimo.
- Abdur Rahman P.
- Abdur Rahman P.
مَٰلِكِ يَوْمِ ٱلدِّينِ
Re del Giorno del Giudizio [5].
- Hamza P.
- Hamza P.
Colui che possiede il giorno del giudizio. [4]
- Zilio Grandi
- Zilio Grandi
Il Re del Giorno del Giudizio.
- Abdur Rahman P.
- Abdur Rahman P.
إِيَّاكَ نَعْبُدُ وَإِيَّاكَ نَسْتَعِينُ
Te noi adoriamo e a Te chiediamo aiuto [6].
- Hamza P.
- Hamza P.
Te adoriamo, Te chiamiamo in aiuto. [5]
- Zilio Grandi
- Zilio Grandi
Te, unicamente, adoriamo e, unicamente, Te invochiamo in soccorso.
- Abdur Rahman P.
- Abdur Rahman P.
ٱهْدِنَا ٱلصِّرَٰطَ ٱلْمُسْتَقِيمَ
Guidaci sulla retta via [7],
- Hamza P.
- Hamza P.
Guidaci alla diritta via, [6]
- Zilio Grandi
- Zilio Grandi
Indicaci il sentiero diritto!
- Abdur Rahman P.
- Abdur Rahman P.
صِرَٰطَ ٱلَّذِينَ أَنْعَمْتَ عَلَيْهِمْ غَيْرِ ٱلْمَغْضُوبِ عَلَيْهِمْ وَلَا ٱلضَّآلِّينَ
la via di coloro che hai colmato di grazia [8], non di coloro che [sono incorsi] nella [Tua] ira [9], né degli sviati [10].
Nella recitazione liturgica si aggiunge: «Amin».
* Tradizionalmente vengono distinte le rivelazioni fatte prima dell’Egira del Profeta (pace e benedizioni su di lui) durante la sua permanenza alla Mecca, dalle rivelazioni fatte dopo l’Egira nel periodo detto medinese. All’inizio di ogni sura daremo questa indicazione storica: «pre-Eg.» o «post-Eg.» seguita da un numero che indicherà l’ordine cronologico accettato dai musulmani.
- Hamza P.
Nella recitazione liturgica si aggiunge: «Amin».
* Tradizionalmente vengono distinte le rivelazioni fatte prima dell’Egira del Profeta (pace e benedizioni su di lui) durante la sua permanenza alla Mecca, dalle rivelazioni fatte dopo l’Egira nel periodo detto medinese. All’inizio di ogni sura daremo questa indicazione storica: «pre-Eg.» o «post-Eg.» seguita da un numero che indicherà l’ordine cronologico accettato dai musulmani.
- Hamza P.
la via di quelli che hai colmato di grazia, non quelli che ti fanno adirare, non quelli che errano. [7]
- Zilio Grandi
- Zilio Grandi
Il sentiero di coloro ai quali concedesti la Tua grazia, nei confronti dei quali Tu non sei adirato e i quali non sono in errore.
- Abdur Rahman P.
- Abdur Rahman P.
Note di Hamza Piccardo alla Sura
- [1] ^ Secondo la grande maggioranza dei commentatori questa sura fu rivelata alla Mecca. Essa è nota anche come «as-sab‘u-l-mathâni» (i sette ripetuti) con riferimento ai suoi sette versetti la recitazione dei quali è obbligatoria nell’assolvimento dell’adorazione rituale (vedi Appendice 2).
- [2] ^ Questa formula si chiama Basmala e si trova all’inizio di tutte le sure del Corano eccetto la sura IX. Essa ha una funzione sacralizzante e, al contempo, costituisce un’invocazione ad Allah (gloria a Lui l’Altissimo) affinché accetti l’azione che segue.
- [3] ^ «La lode [appartiene] ad Allah»: disse l’Inviato di Allah (pace e benedizioni su di lui): «Non c’è niente che Allah ami più che la lode a Lui, per questo Si è lodato da Se Stesso dicendo “al-hamdu li-Llâh”». La formula di cui Si serve Allah (gloria a Lui l’Altissimo) significa «tutte le lodi appartengono ad Allah», Egli è l’Unico degno di essere lodato.
- [4] ^ «Signore dei mondi.» Il plurale cui si applica la Signoria divina ha dato impulso a molte interpretazioni. Secondo Ibn ‘Abbâs si tratta del mondo dei jinn e di quello degli uomini. Altri parlano di mondi angelici e mondi terreni, altri ancora ne traggono spunto per ipotizzare l’esistenza di altri mondi abitati al di là delle nostre attuali conoscenze.
- [5] ^ «Re del Giorno del Giudizio»: il Giudizio finale di tutti gli uomini, successivo alla loro resurrezione, è uno dei fondamenti della dottrina islamica. In quel Giorno ognuno sarà retribuito per la sua vita terrena (altra traduzione: il Giorno della Retribuzione).
- [6] ^ «Te noi adoriamo e a Te chiediamo aiuto»: l’adorazione spetta ad Allah (gloria a Lui l’Altissimo) e solo a Lui, e alla stessa maniera la richiesta di aiuto deve essere rivolta a Lui solo.
- [7] ^ «Guidaci sulla retta via»: dopo la lode, il riconoscimento della Sua Signoria sui mondi e sul Giudizio e la dichiarazione di massima sudditanza che si concretizza nell’adorazione e nella rinuncia a qualsiasi altro patrono che Allah Stesso, l’uomo chiede al Suo Signore (gloria a Lui l’Altissimo) che gli conceda una guida sulla retta via, un sistema dottrinario, spirituale e legale che lo conduca attraverso questa prova terrena fino al premio dell’Altra Vita.
- [8] ^ In questo ultimo versetto è contenuta l’affermazione che già prima della rivelazione del Corano la misericordia dell’Altissimo era operante tra gli uomini, producendo comportamenti fortemente illuminati dalla fede e guidati dal timor di Allah (gloria a Lui l’Altissimo). Secondo un commento di Ibn ‘Abbâs (che Allah sia soddisfatto di lui) «coloro che hai colmato dei Tuoi doni» sono i Sinceri (siddiqûn), quelli che hanno avuto il martirio testimoniando la fede (shuhadâ) i Devoti (salîhûn).
- [9] ^ «quelli che [sono incorsi] nella [Tua] ira»: tutta l’esegesi classica, ricollegandosi fedelmente alla tradizione afferma che con questa espressione Allah (gloria a Lui l’Altissimo) indica gli ebrei («Yahûd»).
- [10] ^ «gli sviati»: sulla base di alcuni ahadith autentici dell’Inviato di Allah (pace e benedizioni su di lui), l’esegesi classica ritiene che costoro siano da identificare nei cristiani che accettando il dogma trinitario si sono allontanati dalla purezza monoteistica.
Note di Zilio Grandi alla Sura
- Nota alla Sura In arabo la sūra è chiamata Fātiḥa («Aprente») non solo perché costituisce l’esordio del libro, ma anche perché con essa si apre la preghiera rituale. È conosciuta anche con numerose altre denominazioni: «la madre del libro» (umm al-kitāb) o «la madre del Corano» (umm al-qur’ān), in riferimento al suo carattere di «matrice» dell’intero testo sacro; «i sette ripetuti» (al-sab‘ al-mathānī, cfr. 15:87), poiché è composta di sette versetti che vengono ripetuti durante la recitazione della preghiera; «la lode» (al-madḥ), in quanto è per eccellenza l’inno in glorificazione di Dio; «la preghiera» (al-ṣalāt), perché costituisce la struttura portante delle recitazioni canoniche giornaliere. In essa sono dunque contenuti in sintesi, secondo la tradizione, entrambi gli elementi essenziali della religione: la fede (īmān) e le opere (a‘māl).
Per tutti i commentatori questa sūra ha un posto privilegiato nel testo, che la pone in un certo senso al di sopra e al di fuori del resto della scrittura. Si racconta che il Profeta considerasse la recitazione di questa sūra come equivalente alla lettura di due terzi del Corano e che uno dei suoi più importanti discepoli, Ibn Mas‘ūd, la ritenesse tanto particolare da non inserirla (insieme alle ultime due sūre) nella propria copia del libro sacro.Non vi è accordo fra gli interpreti se essa sia stata rivelata a Mecca o a Medina, ma la maggioranza ritiene che debba risalire al periodo meccano, perché altrimenti dovremmo dedurre che la prima comunità musulmana sia rimasta a lungo senza alcuna forma di preghiera. Unanime è invece l’opinione dei commentatori sul fatto che Dio ha rivelato la Fātiḥa suddividendola in modo equo fra Sé e i Suoi fedeli: i vv. 1-4 appartengono esclusivamente a Dio; il v. 5 è riservato in parte a Dio e in parte all’uomo; i vv. 6-7 sono rivelati a uso esclusivo degli uomini, affinché possano chiedere l’aiuto di cui hanno bisogno. Molti commentatori occidentali l’hanno accostata al Padre Nostro, al quale la Fātiḥa è assimilabile, se non per i contenuti in senso stretto, almeno per il suo carattere di preghiera che compendia gli elementi essenziali della fede. - [1] ^ La frase bismi Llāh al-raḥmān al-raḥīm è detta basmala e costituisce la formula d’esordio per ogni discorso, scritto o azione dei musulmani.
Nell’uso rituale e nella recitazione del Corano è preceduta dalla pronuncia delle parole: «Cerco rifugio in Dio contro Satana il lapidato» e la ritroviamo come incipit di tutte le sūre (tranne la nona). I commentatori sono tuttavia incerti se debba essere intesa come un vero e proprio versetto o come una semplice introduzione rituale. Nella nostra versione abbiamo seguito la tradizione più diffusa, che considera la basmala come versetto nel caso della prima sūra e come semplice formula preliminare in tutti gli altri casi. Si dice che la basmala, già rivelata a Adamo alle origini dell’umanità, racchiuda la quintessenza della parola divina: l’intero Corano – secondo una tradizione – è contenuto nella Fātiḥa, e questa è contenuta nella basmala, e questa è a sua volta contenuta nella sua b iniziale, e questa infine è contenuta nel punto che in arabo si scrive sotto questa lettera. Il libro sacro si apre dunque nel segno del nome di Dio, che in effetti è la sintesi di ogni cosa, ed è subito accompagnato dai due attributi principali della divinità: clemenza e compassione.
Oltre al Suo nome proprio, Dio possiede una moltitudine di altri nomi, che la tradizione liturgica fisserà a 99 e che il Corano menziona varie volte; ma i due che troviamo in questo inizio sono di gran lunga i più frequenti e significativi. Gli aggettivi qui tradotti con «clemente» e «compassionevole» (raḥmān, raḥīm) sono etimologicamente vicini fra loro, in quanto derivano da una stessa radice verbale (r-ḥ-m) che evoca l’idea dell’utero e della protezione materna. Dio fa dunque la Sua comparsa nel Corano nel segno della misericordia, nella quale gli uomini invocano rifugio (cfr. 7:151), ma che in realtà non lascia nulla fuori di sé (cfr. 7:156 e 40:7), perché Dio stesso se l’è prescritta come regola (cfr. 6:12, 54). - [2] ^ «Sia lodato Dio» (al-ḥamdu li Llāh): un’altra formula canonica in uso presso i musulmani, che vogliono con queste parole esprimere la propria riconoscenza a Dio in ogni circostanza, buona o cattiva. Il termine «mondi» è stato interpretato in maniere diverse, ma i più ritengono che voglia esprimere l’assoluta totalità della signoria divina, che si estende a tutti gli universi possibili. Secondo le parole attribuite a Ibn ‘Abbās, giovane cugino del Profeta, «signore dei mondi significa signore di tutto ciò che possiede spirito e che si muove sulla faccia della terra così come fra gli abitatori dei cieli; si può ancora dire signore dei jinn e degli uomini, e anche creatore delle creature, e loro sostentatore, e loro permotore di stato in stato».
- [4] ^ Una variante di lettura, diffusa soprattutto nell’Africa del Nord, legge «re» (malik) invece di «colui che possiede» (mālik), ma la differenza di significato è trascurabile. «Il giorno del giudizio» è letteralmente «il giorno della religione» (yawm al-dīn), però l’interpretazione unanime ha da sempre riferito questa espressione alla resa dei conti finale (ḥisāb). I commentatori notano infatti che la parola che esprime il concetto di religione, dīn, deriva dalla stessa radice del verbo dāna, «ricompensare», «remunerare», concetti che evocano immediatamente il tema del giudizio finale.
- [5] ^ «Te»: il pronome è qui usato in una forma forte, intensiva (iyyāka), che si potrebbe rendere con «Te, proprio Te» e che dà una particolare immediatezza al discorso, conferendogli un senso molto vivido di confronto diretto.
- [6] ^ «Diritta via»: espressione di uso frequente nel testo. È la via della rettitudine, dell’ubbidienza ai precetti della legge e della conformità con gli insegnamenti del Profeta. Ma è soprattutto la strada divina lungo la quale gli uomini percorrono il cammino spirituale della loro ascensione: l’aggettivo usato per qualificare questa via è infatti mustaqīm, che significa letteralmente «eretto» e suggerisce dunque con chiarezza un’idea di verticalità.
La parola «via» è resa più incisiva dall’uso di un termine di origine straniera, ṣirāt (di probabile derivazione dal tardo latino strata, «strada»), che in arabo dà all’espressione un suono più solenne. In altri passi (cfr. 36:66 e 37:23) figura lo stesso termine in senso escatologico, perciò la tradizione ha consacrato ṣirāt come nome del ponte gettato sugli abissi infernali, che gli uomini dovranno percorrere in occasione del giudizio finale. - [7] ^ «Quelli che hai colmato di grazia»: i commentatori, per chiarire l’espressione, si rifanno a 4:69, dove i beneficiari della grazia divina sono più precisamente individuati nei profeti, i santi, i martiri e i giusti. Un’interpretazione molto diffusa – e banale – del versetto vede in «quelli che ti fanno adirare» gli ebrei e in «quelli che errano» i cristiani. A sostegno di questa tesi si adducono i severi giudizi espressi in altri passi (cfr. soprattutto 5:63-82) sull’atteggiamento degli ebrei e dei cristiani; ma altri commentatori, più in sintonia con il senso universale di questa sūra, hanno contestato una lettura così ristretta e preferiscono intendere quelle espressioni in senso più generale, cioè come riferite a diversi tipi umani e non a specifiche comunità religiose. Nell’uso rituale la lettura del versetto si conclude con la parola amīn («amen»), assente nel testo.












