Poesia
La poesia dei Sufi intende esprimere l’Amore divino, la vicinanza con l’Amato o il Diletto, l’estinzione (fanâ), la permanenza (baqâ) in Lui, il mistero che è oltre il dire oppure il senso di distacco, di separazione dall’Amato: senso illusorio che il poeta cerca assolutamente di trascendere.
Ogni amante, in effetti, mal sopporta la separazione o la lontananza dall’Amato. Ogni amante, ogni ricercatore spirituale ha un moto nel cuore, una vibrazione, un palpito che si traduce in parola, parola chiave che, sorretta dall’ispirazione
(… l’Arcangelo Gabriele ti sostiene…) apre la porta alla realtà ineffabile delle sue esperienze interiori, al segreto del Divino in noi.
Con versi rimati, ritmati, melodici, l’intimità più profonda ne viene toccata.
Il poeta sufi non è tanto interessato ad una letteratura fine a se stessa, egli cerca il Vero (Al-Haqq) ed esprime così la sua piena realizzazione. Il mezzo per comunicare l’incomunicabile è la sua poesia. Poesia composta di parole spesso pronunciate in stato di ebrezza (jadhb: attrazione nel Divino), di frasi estatiche inebriate da un vino dolce che portano chi le pronuncia e chi le ascolta a quel limite estremo che c’è fra l’umano e il Divino, e ancora oltre, dove il sale, lo zucchero o il miele disciolti nell’acqua diventano l’acqua.
Chi ama totalmente il Vero s’annulla in Lui e quasi eccede nel suo linguaggio traboccante d’Amore, d’Unione e d’Unità. La Presenza divina in Lui domina la sua lingua; similmente ad un profeta non è più lui a parlare ma Lui!
La poesia del santo è l’ora o l’istante della sua sincerità. Il santo terrà segreti i Suoi segreti o, in accordo con il destino segnatogli da Dio, pubblicamente li manifesterà.
La poesia del Sufi è parola rivolta all’Unico, è preghiera e dialogo con l’Unico, è coscienza ed intuizione che il suo Signore, il suo Sé è presente ed attivo nel ventricolo del suo cuore.
I simboli presenti nella creazione si dispiegano al suo sguardo per lasciar scorgere Lui, l’Unico Autore: egli legge il Suo Libro, egli ode il Suo Linguaggio.
I Sufi sono maestri del velamento e dello svelamento, del simbolismo e della metafora, velano l’essenza ed al tempo stesso la svelano
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Calligrafia
Poiché il Corano proibisce la rappresentazione realistica di esseri animati, l’Islam ha sviluppato, più delle culture precedenti, l’architettura e l’arte calligrafica piuttosto che quella pittorica e scultoria.
Arte sacra per eccellenza, la calligrafia richiede all’amanuense di comporre sotto una diretta ispirazione divina. Si è quindi sviluppata soprattutto nell’ambito del Sufismo, dove il calligrafo, oltre agli insegnamenti tecnici, formali e artistici, segue anche una disciplina interiore sotto la guida di un maestro Sufi.
L’arte della calligrafia trae il suo prestigio dal suo scopo di comunicare la Parola di Allah e gode di riferimenti al Sacro Corano (68, 1; 96, 4).
Si sviluppa nel secondo secolo dell’era islamica e diventa presto l’arte più preziosa. È l’arte islamica per eccellenza: in effetti è uno delle due “arti Coraniche” insieme con la recitazione del Libro Sacro.
Il calligrafo godeva di una posizione d’onore e di dignità ben al di sopra dal pittore. Persino i sultani cercavano un merito religioso scrivendo il Corano. I libri arabi di storia e di letteratura ci hanno tramandato i nomi di diversi calligrafi mentre rimangono in silenzio nel caso degli architetti, pittori o artigiani.
La calligrafia è l’unica arte araba che possiede oggi rappresentanti cristiani e musulmani a Istanbul, Cairo, Beirut e Damasco le cui produzioni sorpassano in eleganza e bellezza qualsiasi capolavoro del passato.
Il fatto che l’arte della calligrafia araba sia in grande parte opera di non arabi (egizi, berberi, persiani, turchi, ecc.) testimonia della potente spinta culturale che l’Islam ispira ai popoli convertiti.
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Architettura
La storia narra che appena il Profeta Muḥammad (s.A.’a.s.) arrivò a Medina, perché cacciato dai suoi concittadini Meccani che lo volevano uccidere, fece iniziare la costruzione della moschea che divenne poi il centro dell’attività sociale, politica e religiosa
Questa prima moschea era di mattoni d’argilla con un tetto in foglie di palma della quale ovviamente non abbiamo più alcun resto.
Il modello della prima moschea nasce quindi in Arabia: un edificio semplice, privo di oggetti di culto, con una sala di preghiera e una corte aperta. All’interno si trova il minbar, il podio per le predicazioni e il mihrab, la nicchia per prostrarsi verso La Mecca. Per insegnare e interpretare il Corano, oltre che per lo studio delle scienze, vengono fondate accanto alle moschee numerose madrasa, scuole, conventi e università.
Vedi: La moschea
Musica
In un componimento apparentemente di ambiente peccaminoso come un simposio in una taverna il Saqi – il coppiere può divenire emblema per il Maestro spirituale, che fa circolare il vino, – inteso come ’Ishq (amore), o come insegnamento spirituale che, rimuovendo i veli degli ego, può far arrivare alla percezione di quell’amore, e di quell’ebbrezza tra gli amici (i Confratelli) riuniti nella Taverna – simbolo sia di questo mondo, sia di luoghi d’incontro Sufî come la Zawwia, o lo Halqa, o il Tekkè – arrivando a conseguire uno Stato (Hal) di superamento dell’ego, di estasi, di intimità (Uns) con l’amato (Allah, Iddio).
In entrambi i campi, in musica come in poesia, osserviamo come i sufi operino: essi entrano nel vivo del gioco, cambiandone le regole dal di dentro, rivoluzionando il sistema cognitivo precedente e arrivando a soluzioni estetico filosofiche prima impensabili: così operando difendono da un lato la sostanziale liceità della musica e della poesia rispetto all’Islam legalistico, dall’altro permettono la nascita di una tradizione classica di musica dal carattere fortemente intimo, raccolto, interiore e di una poesia considerata unanimemente uno dei picchi assoluti del misticismo di tutti i tempi.
In entrambi i campi, musica e poesia, si possano distinguere un pre e un post intervento sufi e come il ney nella sua storia sia protagonista di primo piano prima e dopo: il discrimine tra lo strumento e il suo simbolo è costituito dall’opera di Mevlana Jalal ud Din Rumî e dai primi 18 distici che costituiscono l’introduzione del Masnavî: lasciamo a lui la parola. Continua …
Vedi:
Il ney – Lo strumento e le sue implicazioni storiche, poetiche, simboliche
L’Amore Divino
إِنَّ اللَّهَ جَمِيلٌ يُحِبُّ الْجَمَالَ
Inna-Llaha Jamilun Yuhibbu l Jamal
Allah è bello e ama il Bello
Hadith sahih
Testi sull’Amore Divino:
‘Ayn al-Qudat e il Fuoco d’Amore
Aḥmad Al-Ghazālī – Metafisica dell’Amore