Mihrab della moschea di Damasco
Il miḥrāb è una nicchia inserita nel muro orientato verso la qibla (la direzione della Mecca); generalmente di piccole dimensioni è sormontata da una semi cupola.
È da qui che l’Imam (colui che guida) conduce la preghiera congregazionale (salat).
Mihrab della moschea della catena fuori la Moschea della Roccia a Gerusalemme
Moschea di Cordoba: qui pregava l’Emiro
Da “Art of Islam Language and Meaning” by Titus Burckhardt
La nicchia di preghiera, o miḥrāb, è indiscutibilmente una creazione di arte sacra, ed è diventata un elemento regolare nella pratica della liturgia, anche se non indispensabile. Gli storici dell’arte credono che questo elemento sia stato introdotto in architettura dalle moschee al tempo del califfo omayyade al-Walīd e, più esattamente, quando questo califfo ricostruì la moschea del Profeta a Medina.
Ma è estremamente probabile che la nicchia sia l’evoluzione di una forma più semplice, come una falsa porta, che mostrava inizialmente la direzione della Mecca nelle moschee. Ne è un esempio il miḥrāb della grotta sottostante la roccia della Cupola della Roccia (Qubbat aṣ–Ṣakhrah) a Gerusalemme, risalente al (691-692), anni durante i quali fu costruito questo santuario.
Questo miḥrāb consiste di un arco su colonnine, scolpito a rilievo su lastra di marmo. A livello dei capitelli, c’è una iscrizione molto semplice in calligrafia Kūfī: sono le due dichiarazioni di fede musulmane. Nello sfondo al centro vi è una rosetta con otto petali.
Un’indicazione della direzione della qiblah ancora più semplice, deve essere esistita nell’antica moschea a Medina; secondo alcuni resoconti, una lastra di pietra ha segnato il punto in cui il Profeta si alzò per guidare le preghiere comunitarie.
La forma della nicchia potrebbe benissimo essere stata suggerita dall’esempio dell’abside nelle chiese copte, o anche da quella di nicchie liturgiche in certe sinagoghe, ma queste non sono più che “cause accidentali”; ciò che conta è che la sacra nicchia deriva da un simbolismo, e che questo simbolismo è implicitamente confermato dal Corano.
La sua stessa forma, con la sua volta corrispondente al cielo e il suo piedritto alla terra, fa della nicchia un’immagine simbolica della “grotta del mondo”. La grotta del mondo è il “luogo di apparizione” (maẓhar) della Divinità, sia si tratti del mondo esterno nel suo insieme o il mondo interiore, la grotta sacra del cuore. Tutte le tradizioni orientali riconoscono questo significato e l’esedra delle basiliche romane è semplicemente una versione mondana di esso, con l’imperatore che sostituisce la divinità.
Per stabilire il simbolismo del miḥrāb nella sua prospettiva islamica, deve essere correlato al suo contesto coranico.
La parola significa, letteralmente, “rifugio”; il Corano in particolare usa questa parola per descrivere un luogo segreto nel Tempio a Gerusalemme dove la Santa Vergine entrò in un ritiro spirituale e dove venne nutrita dagli angeli.
Il miḥrāb viene identificato da alcuni commentatori arabi con la sancta sanctorum, il debir del Tempio a Gerusalemme. Questa interpretazione, che non sembra tenere conto delle leggi giudaiche che disciplinano l’accesso al debir, si accorda, invece di fatto, con la tradizione patristica e la liturgia della Chiesa greco-ortodossa.
Intorno all’arco del miḥrāb vi sono frequentemente delle iscrizioni, soprattutto nelle moschee turche, che confermano la loro dedica alla Santa Vergine in forma di brani coranici specifici, come ad esempio nel miḥrāb della Basilica di Santa Sofia.
Il legame tra il miḥrāb e Sayyidatinā Maryam (Nostra Signora Maria, r.A.a.) ci porta di nuovo all’analogia tra la nicchia di preghiera e il cuore: è nel cuore che prende rifugio l’anima vergine per invocare Allah; e anche per quanto riguarda il nutrimento a lei miracolosamente elargito nella adorazione.
La forma del miḥrāb—analizzando il suo nome—richiama alla mente un altro passaggio del Corano, il “versetto della luce”, dove la Divina Presenza nel mondo o nel cuore dell’uomo, viene comparata a una luce di una lampada posta in una nicchia (mishkāh):
اللَّهُ نورُ السَّماواتِ وَالأَرضِ ۚ مَثَلُ نورِهِ كَمِشكاةٍ فيها مِصباحٌ ۖ المِصباحُ في زُجاجَةٍ ۖ الزُّجاجَةُ كَأَنَّها كَوكَبٌ دُرِّيٌّ يوقَدُ مِن شَجَرَةٍ مُبارَكَةٍ زَيتونَةٍ لا شَرقِيَّةٍ وَلا غَربِيَّةٍ يَكادُ زَيتُها يُضيءُ وَلَو لَم تَمسَسهُ نارٌ ۚ نورٌ عَلىٰ نورٍ ۗ يَهدِي اللَّهُ لِنورِهِ مَن يَشاءُ ۚ وَيَضرِبُ اللَّهُ الأَمثالَ لِلنّاسِ ۗ وَاللَّهُ بِكُلِّ شَيءٍ عَليمٌ
“Allah è la luce dei cieli e della terra. La Sua luce è come quella di una nicchia in cui si trova una lampada, la lampada è in un cristallo, il cristallo è come un astro brillante; il suo combustibile viene da un albero benedetto, un olivo né orientale, né occidentale, il cui olio sembra illuminare, senza neppure essere toccato dal fuoco. Luce su luce. Allah guida verso la Sua luce chi vuole Lui e propone agli uomini metafore. Allah è onnisciente.” (Corano, 24:35).
La analogia tra il miḥrāb e il mishkāh è chiara; analogia sottolineata, inoltre, dall’usanza di appendere una lampada sopra la nicchia della preghiera.
Molte delle più antiche nicchie di preghiera sono ornate da un baldacchino a forma di conchiglia. Questo motivo si trova già in arte nell’età ellenistica, ma non sarebbe stato incorporato nell’arte dell’Islam a meno che non avesse avuto un significato spirituale.
La conchiglia è associata alla perla, che è uno dei simboli islamici del Verbo Divino; secondo un detto del Profeta, il mondo è stato creato da una perla bianca. La conchiglia che racchiude la perla è come l’“orecchio” del cuore che riceve la Parola Divina; è, infatti, nel miḥrāb che questo enunciato risulta compiuto.
Può sembrare sorprendente che una forma del genere come il miḥrāb, che in fondo è semplicemente un accessorio alla liturgia, debba essere al centro di un simbolismo così particolarmente ricco e profondo.
Ma questa è una prova implicita del legame tra arte sacra ed esoterismo, la “scienza dell’interiorità” (ʿilm al-bāṭin).
È su questo stesso piano che la tipologia alquanto cristiana della nicchia di preghiera è situato; è nell’esoterismo islamico che riappaiono certi temi cristiani, non nel loro contenuto storico o dogmatico, ma come modelli della vita contemplativa.