Il serpente e il pavone
Un giorno, un giovane di nome Adi il Calcolatore – perché aveva studiato matematica – decise di lasciare Buchara e di partire alla ricerca della conoscenza superiore. Il suo maestro gli consigliò di viaggiare verso sud e disse: “Cerca il significato del Pavone e del Serpente”. Ciò diede al giovane Adi materia di riflessione.
Egli attraversò il Khorassan e arrivò finalmente in Iraq, dove, con sua grande sorpresa, si imbattè in un pavone e in un serpente. Adi intavolò una conversazione. “Stiamo discutendo dei nostri rispettivi meriti”, gli dissero. “È precisamente ciò che vorrei studiare”, disse Adi. “Continuate, vi prego”.
“Ritengo di essere il più importante”, disse il pavone. “Rappresento l’aspirazione, lo slancio verso il cielo, la bellezza celestiale e, quindi, la conoscenza delle realtà superiori. La mia missione è di ricordare all’uomo, attraverso la mimica, gli aspetti del suo essere che gli sono celati”.
“Per quanto mi riguarda”, disse il serpente con voce leggermente sibilante, “rappresento esattamente le stesse cose. Come l’uomo, sono legato alla terra. Lo aiuto quindi a ricordarsi di se stesso. Sono flessibile come lui quando avanzo sul terreno serpeggiando. Egli si dimentica spesso anche di questo. Per tradizione, sono il guardiano dei tesori sepolti nel più profondo della terra”.
“Ma sei repellente!”, esclamò il pavone. “Sei sornione, dissimulatore e pericoloso”.
“Stai elencando le mie caratteristiche umane”, replicò il serpente, “mentre io preferisco elencare le mie altre funzioni, come ho appena fatto. Insomma! guardati: sei vanitoso, paffuto, e il tuo grido è stridulo. Le tue zampe sono troppo grandi e anche le tue piume sono troppo sviluppate”.
A questo punto Adi li interruppe. “Grazie alla vostra discordia, ho potuto capire che nessuno di voi ha completamente ragione. Eppure, se si escludono le vostre preoccupazioni personali, appare chiaro che insieme costituite un messaggio per l’umanità”.
Adi spiegò quindi ai due antagonisti quali erano le loro funzioni.
“L’uomo striscia al suolo come il serpente e potrebbe innalzarsi nel cielo come l’uccello, ma, avido come il serpente, non rinuncia al suo egoismo quando cerca di elevarsi e diventa troppo orgoglioso come il pavone. Nel pavone possiamo scorgere le potenzialità dell’uomo, ma non ancora propriamente realizzate, mentre nella lucentezza del serpente possiamo scorgere la possibilità della bellezza che, nel pavone, assume un aspetto sgargiante”.
Fu allora che una Voce ulteriore parlò ad Adi: “Non è tutto. Queste due creature sono dotate di vita: è il loro fattore determinante. Litigano perché ognuna si è accontentata del proprio modo di vita, pensando che costituisse la realizzazione di uno status reale. Tuttavia, una custodisce dei tesori, ma non può attingervi. L’altra riflette la bellezza, che in se stessa è un tesoro, ma non può servirsene per trasformarsi. Benché non abbiano approfittato di ciò che è stato loro offerto, ne sono pur sempre un simbolo, per coloro che sanno vedere e sentire”.
Il culto iracheno del Serpente e del Pavone, che rimane un mistero per gli orientalisti, fu fondato sull’insegnamento di uno sceicco sufi. Adi, figlio di Musafir, nel XII secolo.
Questa storia, divenuta leggendaria, mostra come i maestri dervisci hanno modellato le loro ‘scuole’ intorno a diversi simboli, scelti come illustrazioni delle loro dottrine.
In arabo, ‘pavone’ significa anche ‘ornamento’, mentre ‘serpente’ è formato dalla stessa radice di ‘organismo’ e ‘vita. Donde il rito enigmatico dell’Angelo Pavone, praticato dagli Yevdi, in cui il serpente e il pavone simboleggiano ‘l’Interiorità e l’Esteriorità’, formula sufi tradizionale.
Questo rito esiste tuttora in Medio Oriente e ha degli adepti – nessuno dei quali conosciuto come iracheno – in Gran Bretagna e negli Stati Uniti.