L’iniziazione di Malik Dinar
Dopo aver studiato per anni i grandi problemi filosofici, Malik Dinar sentì che era arrivato il momento di partire alla ricerca della conoscenza.
“Andrò alla ricerca del Maestro Nascosto, di cui si dice anche che è nel più profondo di se stessi”, si disse.
Lasciò la sua casa portando con sè solo qualche dattero come provvista, e sulla strada polverosa incontrò un derviscio che camminava lentamente. Dinar lo affiancò e proseguirono insieme in silenzio. Finalmente il derviscio parlò: “Chi sei, e dove vai?”.
“Sono Dinar e ho intrapreso un viaggio alla ricerca del Maestro Nascosto”.
“Io sono El-Malik El-Fatih e camminerò insieme a tè”, disse il derviscio.
“Puoi aiutarmi a trovare il maestro?”, chiese Dinar. “Posso aiutarti, puoi aiutarmi?”, chiese El-Fatih in quel modo irritante che caratterizza i dervisci di tutti i tempi. “Si dice che il Maestro Nascosto è dentro se stessi. Trovarlo dipende dall’uso che si fa dell’esperienza. Si tratta di qualcosa che un compagno può trasmettere solo parzialmente”.
Qualche tempo dopo si imbatterono in un albero che oscillava e scricchiolava. Il derviscio si fermò, rimase un attimo in silenzio, poi si voltò verso Dinar: “Quest’albero ci sta dicendo: ‘C’è qualcosa che mi ferisce; fermatevi un attimo e toglietemelo dal tronco, affinché io possa finalmente riposarmi!'”.
“Non ho tempo”, replicò Dinar, “e, comunque,come può un albero parlare?”. E ripresero il cammino. Avevano già fatto un bei po’ di strada, quando il derviscio disse a Dinar: “Quando eravamo vicini a quell’albero mi è parso di sentire odore di miele. Può darsi che delle api selvatiche abbiano costruito il loro alveare dentro il tronco”.
“Se è così”, esclamò Dinar, “affrettiamoci a tornare lì per raccogliere il miele. Quello che non mangeremo potremo venderlo per il viaggio”.
“Come vuoi”, disse il derviscio. Quando giunsero in vista dell’albero, tuttavia, videro un gruppo di viaggiatori occupati a raccogliere un’enorme quantità di miele. “Che fortuna abbiamo avuto!”, esultavano. “Qui c’è abbastanza miele da nutrire una città intera. Eravamo poveri pellegrini, ma ora possiamo diventare mercanti! Il nostro avvenire è assicurato”.
Dinar e Fatih ripresero quindi la loro strada. Arrivati ai piedi di una montagna, sentirono un ronzio che sembrava provenire dal suo fianco. Il derviscio incollò l’orecchio al suolo. “Ci sono milioni di formiche che stanno costruendo la loro dimora. Questo ronzio è il loro grido di aiuto. Ci stanno dicendo, nel loro linguaggio: ‘Aiutateci! Aiutateci! Stiamo scavando, ma ci siamo imbattuti in certe strane rocce che ci sbarrano la strada. Aiutateci a dissotterrarle!’. Vuoi che ci fermiamo per aiutarle o preferisci continuare senza indugio?”.
“Fratello”, ribattè Dinar, “le formiche e le pietre non ci riguardano. La ricerca del maestro è il mio unico scopo”.
“Molto bene, fratello”, disse il derviscio, “eppure si dice che tutto è collegato. Forse c’è una relazione tra questo fatto e noi”.
Dinar non prestò attenzione a ciò che il vecchio mormorava e quindi proseguirono il loro cammino.
Quando i due viaggiatori si fermarono per la notte, Dinar si accorse di aver perso il coltello. “Lo avrò lasciato cadere vicino al formicaio”, disse. Il giorno dopo tornarono quindi sui loro passi. Arrivati ai piedi della montagna non trovarono traccia del coltello di Dinar. In compenso, videro delle persone sporche di fango che si stavano riposando accanto a un mucchio di monete d’oro. “È un tesoro nascosto che abbiamo appena dissotterrato”, dissero. “Stavamo percorrendo questa strada, quando un vecchio derviscio dall’aspetto fragile ci ha interpellato in questi termini: ‘Scavate qui e troverete ciò che è pietra per alcuni e oro per altri”.
Dinar maledisse la sua sorte. “Se solo ci fossimo fermati”, frignò, “tu e io saremmo diventati ricchi ieri sera, o derviscio!”.
Gli altri osservarono: “II derviscio che ti accompagna, straniero, somiglia stranamente a quello che abbiamo visto ieri sera”.
“I dervisci si somigliano tutti”, disse Fatih. Dinar e Fatih proseguirono il loro viaggio e qualche giorno dopo giunsero sulla riva di un fiume. Il derviscio si fermò, ed entrambi sedettero aspettando il traghettatore. All’improvviso videro un pesce emergere ripetutamente dall’acqua, facendo smorfie nella loro direzione.
“Questo pesce”, disse il derviscio, “ci manda un messaggio. Dice: ‘Ho inghiottito un sasso. Prendetemi e datemi dell’erba da mangiare, in modo che possa rigettare e liberarmi. Viaggiatori, abbiate pietà, vi prego!'”.
In quel preciso momento apparve il traghetto, e Dinar, impaziente di proseguire, vi spinse sopra il derviscio. Il barcaiolo fu troppo felice di ricevere una moneta di rame – era tutto ciò che potevano dargli – e quella notte Fatih e Dinar dormirono comodamente sulla riva opposta, nella casa da tè che un’anima caritatevole aveva costruito in quel luogo per i viaggiatori.
La mattina seguente, mentre stavano sorseggiando il loro tè, furono raggiunti dal barcaiolo. La notte precedente era stata la più fortunata di tutta la sua vita, disse loro; i pellegrini gli avevano portato fortuna. Egli baciò le mani del venerabile derviscio e chiese la sua benedizione. “La meriti tutta, figlio mio”, disse Fatih.
Il barcaiolo era diventato ricco, ed ecco che cos’era accaduto. La sera prima stava tornando a casa alla solita ora, quando aveva visto i due uomini sull’altra riva e aveva deciso, malgrado la loro apparente povertà, di fare un viaggio supplementare per la Baraka, la benedizione conferita a chi aiuta il viaggiatore. Più tardi, mentre si apprestava a ormeggiare la barca, aveva visto un pesce buttarsi sulla riva.
Sembrava che cercasse di ingoiare un filo d’erba. Dopo che il barcaiolo gli ebbe infilato l’erba in bocca, il pesce aveva vomitato un sasso e si era lasciato scivolare in acqua. Il sasso era un enorme diamante senza difetto, di un’incomparabile luce e di inestimabile valore.
“Sei un demonio!”, gridò furioso Dinar al derviscio. “Conoscevi l’esistenza di questi trè tesori grazie a un potere di percezione nascosto, e non mi hai detto nulla al momento! È questo il comportamento di un vero compagno? La mia sfortuna era già sufficiente, ma senza di tè non avrei neanche saputo nulla delle possibilità nascoste negli alberi, nei formicai e nei pesci, e chissà dove altro ancora!”.
Non appena ebbe pronunciato queste parole, sentì come un possente vento spazzargli l’anima. In quel momento seppe che la verità era esattamente l’opposto di ciò che aveva detto.
Il derviscio, il cui nome significa Re Vittorioso, gli toccò leggermente la spalla e sorrise: “Ora, fratello, saprai di poter imparare attraverso l’esperienza. Io sono colui che è agli ordini del Maestro Nascosto”.
Quando Dinar osò rialzare la testa, vide il suo maestro proseguire con un piccolo gruppo di viaggiatori che stavano discutendo dei pericoli che li attendevano lungo la strada. Oggi, il nome di Malik Dinar figura tra quelli dei più grandi dervisci, come compagno ed esempio, come l’Uomo che è Arrivato.
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Malik Dinar fu uno degli antichi maestri Classici. Il Re Vittorioso della storia è un’incarnazione delle “funzioni superiori della mente”, che Rumi chiama “lo Spirito Umano” e che l’uomo deve coltivare prima di poter agire in modo illuminato.
Questa versione è attribuita a Emir El-Arifin.