Il grammatico e il derviscio
In una notte senza luna un derviscio, passando vicino a un pozzo prosciugato, sentì un grido: una voce cavernosa chiedeva aiuto. “Chi c’è laggiù?”, chiese il derviscio, sporgendosi.
“Sono un grammatico e, poiché non conosco la strada, sono caduto inavvertitamente in questo profondo pozzo dove mi trovo ora, praticamente immobilizzato”, rispose la voce.
“Tieniti, amico, vado a prendere una scala e corda”, disse il derviscio.
“Un momento, prego”, rispose il grammatico. “La tua sintassi e la tua pronuncia sono difettose; ti prego di correggerle”.
“Se questo è così importante per te, più importante dell’essenziale”, gridò il derviscio, “allora è meglio che tu rimanga lì dove sei finché io non imparo a parlare correttamente”.
E proseguì per la sua strada.
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Questa storia è stata raccontata da ]alaluddin Rumi. La si può trovare nel Munaqib El-Arifin, di Aflaki. Pubblicato in Inghilterra nel 1965 con il titolo Legends of the Sufis, questo documento sui Mevlevi e sulle loro presunte azioni fu scritto nel XIV secolo.
Alcune delle storie ivi contenute non sono altro che meravigliose favole, mentre altre sono fatti storici. Altre ancora appartengono a quella strana categoria che i Sufi chiamano “storie illustrative”: una serie di eventi combinati per mettere in evidenza dei processi psicologici.
È per tale motivo che questo tipo di racconto viene chiamato “L’Arte degli scienziati dervisci”.