Islam ecologico
L’Islam è, attualmente, la religione più praticata al mondo, candidata a divenire presto (nel giro di un paio di generazioni) il primo credo in assoluto per numero di fedeli.
Sappiamo tuttavia quante drammatiche divisioni ci siano all’interno del mondo islamico, a partire dalla lacerazione tra sunniti e sciiti. Sappiamo altresì che è solamente la più conosciuta ed evidente.
A fronte di tutto questo credo sia ragionevole trovare, per la Ummah, valori che uniscano piuttosto che dividere, su cui focalizzarsi collettivamente.
Uno di questi è senz’altro l’ambiente. La grave crisi ecologica che stiamo vivendo, infatti, data l’urgenza con cui si impone alla nostra attenzione, può rappresentare senz’altro un buon motivo per mettere da parte le differenze dottrinarie, le ferite storiche e provare ad attivarsi in maniera almeno lontanamente sinergica per trovare delle soluzioni adeguate.
La questione ambientale non pertiene certo al solo mondo islamico ma credo sia importante che i musulmani, costituendo quasi il 25% della popolazione mondiale, prendano coscienza del fatto che se riescono ad attivarsi, in maniera il più possibile concertata, sul fronte della lotta al cambiamento climatico ed al degrado ambientale, il loro contributo potrebbe essere determinante.
Ho scritto diversi articoli sul rapporto tra Islam ed ecologia e non mi voglio troppo ripetere.
Presenterò qui brevemente i fondamentali teorici dell’ambientalismo islamico e le fondamentali iniziative che si stanno sviluppando a livello internazionale.
Promuove l’ambientalismo come elemento intrinseco all’Islam il filosofo iraniano Seyyed Hossein Nasr, uno dei pionieri della cosiddetta eco-teologia.
Il Professor Nasr è autore di molti libri ed il suo testo fondamentale per chiunque si occupi di ambientalismo islamico è Man and Nature dove riconduce l’attuale, drammatica crisi ambientale alla crisi spirituale dell’uomo moderno, all’oblio di Dio e della sacralità della natura in quanto diretta espressione della Sua creazione e di cui l’uomo dovrebbe essere il custode (Khalifa): «Egli è Colui che vi ha costituiti eredi della terra» (Il Corano, Sura 6, vs 165).
Un autore più giovane di Nasr e che si inserisce nel suo filone è l’attivista afro-americano Ibrahim Abdul Matin. Suo un testo molto diffuso nel mondo islamico anglo-sassone: Green Deen: What Islam Teaches About Protecting The Planet.
L’approccio di Abdul Matin è senz’altro più pratico di quello del suo maestro. Il suo testo, infatti, trabocca di suggerimenti concreti per vivere in maniera più sostenibile. Non manca, tuttavia, di evidenziare diversi principi fondamentali dell’Islam, tra cui quello — cruciale — di Mizan: equilibrio.
Lo troviamo citato in diverse Sure Coraniche, ad esempio nella Sura 55. Ar-Rahmān:
«In nome di Allah, il Compassionevole, il Misericordioso. Il Compassionevole, ha insegnato il Corano, ha creato l’uomo e gli ha insegnato ad esprimersi [Lett. «gli ha insegnato il “bayân”», cioè il discorso chiaro ed esauriente]. Il sole e la luna [si muovono] secondo calcolo [preciso]. E si prosternano le stelle e gli alberi. Ha elevato il cielo e ha eretto la bilancia, affinché non la frodiate: stabilite il peso con equità e non falsatela!». (Il Corano 55:1-9)
In nome del rispetto dell’equilibrio (tra uomo e ambiente in questo caso) si stanno attivando un numero considerevole di teorici e di organizzazioni islamiche per tentare di arginare gli effetti nefasti del cambio climatico e per contribuire a inaugurare un, mondiale, Green New Deal.
Nel 2015 è stata redatta The Islamic Declaration on Global Climate Change, la Dichiarazione Islamica sul Cambiamento Climatico Globale. Potete leggerla, in italiano, qui: https://www.ifees.org.uk/wp-content/uploads/2020/01/iccd-italianfull.pdf.
Due redattori della Dichiarazione Islamica sul Cambiamento Climatico, il Professor Ibrahim Özdemir e lo studioso srilankese, naturalizzato britannico, Fazlun Khalid sono coinvolti in un progetto internazionale (sotto la supervisione e la guida dell’UNEP) che richiama il principio cui facevamo cenno.
Il nome del progetto è, difatti, Al Mizan: un patto per la terra.
Traduco dal sito https://www.unep.org/al-mizan-covenant-earth
Al-Mizan presenta una visione islamica dell’ambiente nel tentativo di rafforzare le azioni locali, regionali e internazionali che si oppongano al cambiamento climatico e ad altre problematiche di natura ecologica. È uno sforzo globale per coinvolgere, in questa missione, studiosi ed istituzioni del mondo islamico.
Il progetto, inoltre, considera la dimensione etica che dovrebbe ispirare il modello sociale dell’esistenza umana.
Principi riconducibili allo stesso profeta Muhammad che aveva stabilito una serie di regole per uno stile di vita che fosse realmente olistico.
Questo si basava sul Corano e poteva essere sintetizzato in tre categorie: incoraggiare il bene pubblico, vietare l’azione sbagliata ed agire sempre con moderazione:
«Sorga tra voi una comunità che inviti al bene, raccomandi le buone consuetudini e proibisca ciò che è riprovevole». (Il Corano 3,104).
Per un primo elenco di organizzazione islamiche impegnate nella salvaguardia dell’ambiente, rimando al post: Islam ed ecologia, ovvero l’ecologia dell’Islam: https://www.viverealtrimenti.com/islam-ed-ecologia-ovvero-lecologia-dellislam/ e concludo con un accenno ad alcune iniziative importanti nel Regno Unito che spero possano essere di ispirazione anche per la Ummah italiana.
Merita senz’altro menzione il Sustainability and Climate Change Team (di cui faccio io stesso parte) del Muslim Council of Britain: un’organizzazione ombrello che coinvolge circa 500 organizzazioni islamiche del Regno Unito (moschee, scuole, organizzazioni di beneficenza e network professionali), di vario orientamento: https://mcb.org.uk/project/sustainability-1/.
In occasione della conclusione dei lavori di COP26, cui MCB ha partecipato, ha visto la luce la sua guida, in sei punti fondamentali, per la realizzazione di moschee eco-sostenibili (il lavoro sarà, in buona parte, di conversione delle moschee già esistenti).
Traducendo dal sito di MCB, la guida vuole essere “una risorsa per accrescere la consapevolezza riguardo gli effetti del cambio climatico nell’ambito delle moschee e delle comunità islamiche del Regno Unito, fornendo suggerimenti concreti per renderle maggiormente eco-sostenibili”.
Il lavoro che si prospetta sarà dunque rivolto alla base del mondo islamico britannico, coinvolgendo la dimensione individuale e famigliare accanto a quella comunitaria.
Un’altra organizzazione eco-islamica basata in Inghilterra, infine, Bahu Trust ha realizzato un’ottima Guida ad un Ramadan eco-sostenibile (dando precise indicazioni su come evitare l’utilizzo di plastica e materiali non compostabili durante le cene di Iftar, gli sprechi di cibo e sensibilizzando all’utilizzo di minori quantità di carne, privilegiando Iftar “vegetariani”, per fare solo pochi esempi).
La guida è stata già tradotta in italiano e speriamo di poterla divulgare presto nel nostro paese.
Manuel Olivares
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