Il re e il bambino povero

calligrafia

calligrafia

Da solo, l’uomo non può arrivare al termine del viaggio interiore. Non dovreste tentare d’intraprendere da soli la Via. La guida è indispensabile. Colui che chiamiamo il re è la guida, e colui che chiamiamo il bambino povero è il cercatore.

Si racconta che il re Mahmud un giorno si ritrovò separato dal suo esercito. Il re stava cavalcando a buona andatura quando vide un bambino sulla riva di un fiume. Il fanciullo aveva lanciato la sua rete nell’acqua e sembrava molto triste.
“Bambino mio”, disse il re, “perché sei infelice? Non ho mai visto nessuno in uno stato simile”.

“Maestà”, rispose il ragazzo, “siamo sette fratelli e non abbiamo padre. Viviamo con nostra madre in povertà e senza sostegno. Io vengo qui ogni giorno con la mia rete sperando di pescare qualche pesce per la cena. Se non prendo niente di giorno, di sera non c’è niente da mangiare”.

“Bambino mio”, disse il re, “vuoi che ti aiuti nel tuo lavoro?”. Il bambino accettò e il re Mahmud gettò la rete. A contatto della mano regale, la rete si riempì di cento pesci.

* * *

Coloro che hanno studiato poco pensano spesso che i sistemi metafisici neghino ogni valore alle cose ‘di questo mondo”, oppure, al contrario, promettano grande abbondanza di benefici materiali.

Nel sufismo, invece, le ‘cose buone” che si ottengono non sono sempre metaforiche, ne inevitabilmente letterali. Questa parabola del grande ‘Aṭṭār, tratta dal suo Parlamento degli uccelli, viene usata sia in senso letterale che in senso simbolico.

Secondo i dervisci, una persona può acquisire beni materiali seguendo la Via sufi, se ciò è vantaggioso sia alla Via sia a se stessa. Allo stesso modo, il cercatore acquisirà capacità trascendenti nella misura in cui sarà in grado di utilizzarle correttamente.