Tre consigli
Un giorno un uomo catturò un uccello. L’uccello gli disse; “Non posso esserti utile finché sono prigioniero. Liberami e ti darò tre preziosi consigli”.
L’uccello promise di dare il primo consiglio ancora nelle mani dell’uomo, il secondo quando avrebbe raggiunto il ramo di un albero e il terzo una volta raggiunta la cima di una montagna. L’uomo accettò e sollecitò il primo consiglio.
“Se perdi qualcosa”, disse l’uccello, “anche se ci tieni quanto la tua vita, non rimpiangerlo”.
L’uomo lasciò la presa e l’uccello andò ad appollaiarsi su un ramo.
“Non credere mai a cose contrarie al buonsenso senza chiedere prove”, elargì come secondo consiglio.
Poi l’uccello volò in cima alla montagna, dalla quale dichiarò: “Oh, sventurato! Il mio corpo racchiude due enormi gioielli. Se solo mi avessi ucciso, ora sarebbero tuoi!”.
L’uomo si tormentò al pensiero di ciò che aveva appena perso e chiese all’uccello: “Dammi almeno il terzo consiglio!”.
“Sei proprio un idiota!”, rispose l’uccello. “Sei ancora qui a chiedermi altri consigli, quando non ti sei nemmeno soffermato per un attimo sui primi due! Ti ho detto di non tormentarti per la perdita di qualcosa e di non prestare fede a cose contrarie al buonsenso. Ed è proprio ciò che stai facendo in questo momento! Ti stai lasciando andare a credere in ridicole assurdità e ti stai tormentando perché hai perso qualcosa! Non vedi che non sono abbastanza grande da contenere due enormi gioielli? Sei uno stupido! Pertanto, continuerai a essere prigioniero degli abituali limiti imposti a ogni uomo”.
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In alcuni circoli dervisci questo racconto viene considerato molto importante perché ‘sensibilizza’ la mente dello studente, preparandolo cosi a esperienze che non possono essere provocate per vie ordinarie.
Questa storia, che i Sufi usano quotidianamente, si trova anche nel Mathnawi di Rumi e nel Libro divino di ‘Aṭṭār, che fu uno dei suoi maestri. Entrambi vissero nel XIII secolo.