Le limitazioni del dogma
Il gran sultano Mahmud, camminando un giorno per le strade di Ghazna, la sua capitale, vide un povero facchino barcollare sotto il peso di un’enorme pietra che portava sulle spalle. Il sultano, impietosito, in uno slancio di compassione gli ordinò imperiosamente: “Metti giù quella pietra, facchino!”. L’uomo obbedì immediatamente. Per anni quella pietra rimase in mezzo alla strada ostacolando i passanti. Un giorno, finalmente, una delegazione di cittadini si recò dal re per pregarlo di ordinare di rimuoverla.
Mahmud, però, dopo aver riflettuto a lungo ed essersi appellato alla sua saggezza amministrativa, sentì il dovere di rispondere: “Ciò che è stato fatto per ordine non può essere disfatto da un ordine della stessa natura: il popolo potrebbe pensare che gli ordini imperiali scaturiscano da capricci. Che la pietra rimanga dov’è!”.
La pietra rimase quindi dov’era finché Mahmud visse, e anche dopo la sua morte, per rispetto dei decreti reali, nessuno osò rimuoverla. La storia della pietra si diffuse in tutto il paese e la gente, in base alle proprie capacità, l’interpretò in tre modi diversi. Coloro che disapprovavano il governo vi trovavano la prova della stupidità di un’autorità
che voleva a tutti i costi rimanere al potere. Coloro che riverivano il potere provavano rispetto per gli ordini, anche se creavano loro delle difficoltà. Coloro che capivano nel modo giusto erano in grado di afferrare la lezione che il re aveva voluto impartire, indipendentemente da ciò che le menti superficiali potevano pensare. Infatti, permettendo che la pietra costituisse un ostacolo e rendendo pubbliche le ragioni che lo spingevano a lasciarla ostruire la strada, Mahmud trasmetteva il seguente messaggio, per coloro che potevano capirlo: è necessario ubbidire al potere temporale, ma bisogna anche rendersi conto che coloro che governano basandosi su dogmi intoccabili non possono servire gli uomini integralmente.
Coloro che seppero comprendere la lezione andarono a ingrossare le fila dei ‘cercatori di verità’, e molti furono coloro che trovarono la via della verità.
Pur senza la sottigliezza interpretativa che caratterizza tale versione, questa storia si ritrova nel celebre classico Akhlaq-i-Muhsini (Etica benefica) di Hasan Waiz Kashifi.
La presente versione proviene dall’insegnamento dello sceicco sufi Daud di Qandahar, che morì nel 1965. Illustra perfettamente come la gente giudichi le azioni altrui da diversi livelli di comprensione, in funzione del proprio condizionamento. Il metodo indiretto usato dal sultano Mahmud è un metodo tipicamente sufi che può riassumersi con questa frase: “Parlate al muro, affinché la porta possa sentire”.