L’unità oltre la dualità

Lunita oltre la dualita

Lunita oltre la dualita

Egli è il tutto nel tutto

C’è qualcuno che pensa che l’oceano sia solo ciò che appare sulla sua superficie? Osservando le sue gradazioni di colore ed i suoi movimenti, un occhio acuto può percepire indicazioni sulle insondabili profondità di quell’oceano. La misericordia e la pietà Divina sono un oceano senza limiti che fornisce un’infinita varietà di vedute a chi naviga sulla sua superficie; ma il più grande stupore ed appagamento è serbato per quelle “creature del mare” per le quali la misericordia Divina è divenuta il proprio elemento.
Il Signore ci chiama all’Amore Divino con una attrazione che è innata nei nostri cuori, ad un amore che può essere compreso e riconosciuto come Divino da alcuni, mentre per altri è sentito indirettamente come amore per le Sue creature o per il creato. Ad ogni modo le redini del nostro cuore ci dirigono verso quegli Oceani di Misericordia, così come il nostro corpo fisico è attratto dal mare quando è gentile e calmo. Tramite la rivelazione dei testi sacri e grazie all’esempio mostratoci dai Profeti e dai Santi, tutti gli esseri umani sono in contatto con questi oceani. Per l’uomo in genere queste rivelazioni sono come vascelli o manuali per la costruzione e la manutenzione delle imbarcazioni che solcano i vasti mari, ma a coloro che sanno leggere tra le righe una grande rivelazione appare: noi apparteniamo a quel mare, il nostro posto, la nostra casa è nelle sue profondità, non sulla sua superficie.

Il Sacro Corano è un eminente Scrittura senza ambiguità, colma di chiare indicazioni per tutta l’umanità, ma contiene molto di più di ciò che può vedere un occhio non allenato. La capacità di osservare nelle sue profondità non è solo una questione di allenamento ma viene conferita tramite la sincerità e la fede. Ci sono infiniti livelli di conoscenza e saggezza nelle profondità del Sacro Corano ove è scritto: “Certamente percorrerete stadio dopo stadio” ed il raggiungimento di ciascun livello concede grandi benefici non solo a chi l’ha raggiunto ma anche per tutti quelli che gli stanno intorno, per tutta l’umanità e per tutta la creazione.

Ci si potrebbe chiedere: “Per quale motivo tutti questi significati nascosti?” La comprensione di questi significati è la chiave per ottenere la loro “essenza di saggezza” e questa essenza è un’inesauribile fonte, un elisir di vita eterna. Possiamo riassumere l’essenza della saggezza che il nostro Signore cerca di impartirci attraverso tutte le rivelazioni in una parola: UNITA’. Il tema dominante del Sacro Corano è l’Unità e l’Incomparabilità di Dio e la debolezza e la completa dipendenza da Lui delle creature. Sottolineando così la Sua Onnipotenza e la nostra debolezza ci ricorda l’affinità che abbiamo con tutte le creature, e ci conferisce l’umile ma onorevole manto della servitù. Realizzando che non sei meglio di nessun altro e che il tuo progresso può essere ottenuto servendo Dio ed i Suoi servitori, avrai afferrato gli strumenti coi quali frantumare il tuo idolo di vanità e il tuo egoismo. Avendo raggiunta l’umiltà, le tribolazioni della vita fungeranno da propellente verso il tuo scopo, poiché essi ci ricordano costantemente la nostra debolezza e saranno accolte se non con ringraziamento, almeno con pazienza, coscienti che ci stanno avvicinando sempre più all’Unità.
Il nostro viaggio verso quella meta in primo luogo ci distanzia dall’illusione della molteplicità, velo impenetrabile per l’uomo comune. Quella è la visione dell’infinita diversità dell’esistenza, apparentemente indipendente, di miliardi di creature che lottano per migliorare la propria condizione ed esercitare la propria volontà.

Lo stadio successivo è quello della realizzazione dell’Onnipotenza di Dio e della propria debolezza: questa realizzazione ispira terrore di fronte alla maestà e al potere di Allah (Jalâl) e uno sente se stesso essere un umilissimo servo del Più Trascendente Signore. Oltre questo c’è lo stadio di intimità (uns) nel quale la prossimità del Signore è percepita:

“Ed io sono più vicino all’uomo della sua vena giugulare.” ( Corano 50, 16 )

In questo stadio si possono percepire i Suoi aspetti di amore e bellezza (Jamâl). Ma lo scopo ultimo è oltre persino l’intimità dell’ “Io e Te”, l’Unità oltre la dualità, poiché Egli è il tutto nel tutto. Questo è il significato di Lā ilâha ill’Allah: Non c’è alcun Dio all’infuori di Dio. Fintanto che rimaniamo ancorati alla separatezza della nostra esistenza fisica noi siamo lontani dal nostro scopo. Perché temiamo la morte? Perché abbiamo paura di essere non esistenti, ed è per questo che anima e corpo sono attaccati l’uno all’altra così tenacemente e questo rende possibile a entrambi di viver in questo mondo. Può darsi che dovremo pagare un alto prezzo per vivere, ma tuttavia pazientiamo. Tutti i Profeti di Dio ebbero la stessa missione: chiamare la gente ad un’esistenza Divina nel Signore e ad uno stile di vita che conduce a perseguire quello scopo.
Che cosa implica un simile stile di vita? Una volta che l’idolo dell’egoismo è scacciato, la realizzazione non viene più cercata nell’auto-appagamento. L’enfasi si sposta verso la ricerca della Verità, della purezza e della pace per avvicinarsi agli attributi divini nello spazio di tempo che ci è stato concesso per prepararci a quella tanto sospirata ri-unione. Ambizioni e desideri mondani vengono allora drasticamente ridotti ed un decente livello di mantenimento necessario a sostenere un semplice stile di vita rimpiazza uno sforzarsi vorace ed egoistico. Persone ricche e potenti furono spesso in prima linea nell’opposizione contro i Profeti poiché, mancando loro l’allenamento spirituale che possa permettergli di trattare il potere e la ricchezza con distacco, essi videro il loro potere e la loro ricchezza come l’essenza e l’affermazione della loro esistenza. Così si opposero con veemenza ad ogni cambiamento dello status quo. Persone povere e senza potere furono generalmente più ricettive, perché non si sentirono spaventati dall’avvento di un nuovo ordine orientato verso la spiritualità. Certamente anche essi ritenevano che il denaro e il potere erano criteri dell’esistenza, ma pensarono: “Non abbiamo nulla e comunque non siamo nulla, quindi che cosa abbiamo da perdere se andiamo ad ascoltare?” Così quando i Profeti li chiamarono al Signore essi poterono facilmente rinunciare all’attaccamento e ai valori terreni e dissero: “Abbiamo lasciato alle nostre spalle ogni cosa a parte noi stessi”. E per quelli che realmente intesero quello che avevano detto, tra i poveri che avevano rinunciato a poco e fra i ricchi che dovettero lottare duramente per rinunciare ai valori mondani, l’essenza del messaggio fu quindi impartita: “Ora, lasciate indietro voi stessi e avvicinatevi all’Oceano dell’Unità”.

Abu Yazîd al Bistâmi (Q.s.) (uno dei più grandi Maestri della linea Khwajagân) si avvicinò alla Presenza Divina e “bussò” alla porta. Gli fu chiesto: “Chi è là?” “Sono venuto, o mio Signore” rispose Abu Yazîd. Gli fu detto: “Qui non c’è posto per due, lascia il tuo ego dietro di te e vieni.” Quando una seconda volta Abu Yazîd (Q.s.) avvicinò la Presenza Divina gli fu chiesto chi fosse, disse: “Tu, o Signore.” Una volta fu chiesto ad Abu Yazîd (Q.s.) a proposito degli atti di adorazione e di devozione di due differenti tipi: quelli indicati dall’esempio del Profeta (s.A.’a.s.) (Sûnnat) e quelli resi obbligatori tramite Rivelazione Divina (Fard) Egli disse: “Sunnat è l’abbandono del mondo e fard è l’abbandono di tutto tranne Lui solo.” Tanta gente proclama di seguire la Sûnnat ma i loro cuori sono pieni di amore per la mondanità. Per quanto riguarda ciò che è obbligatorio, Abu Yasid (Q.s.) è penetrato nel cuore dell’argomento, perché quell’abbandono totale è il fine verso il quale tutti i mezzi (atti di adorazione) sono diretti. Obbligatorio, inoltre, perché nel tempo della morte tutti dobbiamo lasciare ogni cosa all’infuori di Lui, sia che siamo pronti oppure no. Il Signore ci invita ad entrare negli Oceani di Unità mentre noi siamo ancora in questa vita, a dissolverci come lo zucchero si dissolve nel tè. Quando lo zucchero si è sciolto non puoi più dire: “Questo è lo zucchero e questo è il tè”. L’invito del nostro Signore ad unirci nella Sua Unità ci è sempre offerto ed è nostro destino soffrire fino a che non rispondiamo a quell’invito. Fino a che ci attacchiamo alla nostra pretesa di autonomia dovremo anche sopportare il peso delle dure lezioni che questo mondo ha da offrirci, con pianto e sofferenza. Lasciate andare e nulla vi recherà danno.

Quando ‘Abd ul Qâder Jilâni (Q.s.) si rivolgeva ai suoi seguaci, la sua individualità diveniva a volte completamente velata da un manto di Attributi Divini e di Attributi Profetici. Quando era in simili stati il Divino si manifestava attraverso di lui e la sua parola diventava fonte di timore e per chi non avesse ancora raggiunto una stazione sufficientemente elevata, molto disturbante e persino scioccante.
La perfezione può essere compresa solo da individui perfettamente completi, niente affatto da uomini non rigenerati. Per quelli sulla via della Verità, essi comprendono la perfezione in accordo con i loro rispettivi livelli di evoluzione ed i seguaci di ‘Abd ul Qader Jilani (Q.s.) non erano su di un livello tale da poter ricevere da quelle emanazioni. Una volta stava tenendo un discorso rivolto ai suoi discepoli dal pulpito di una moschea. Egli recitò un verso del Sacro Corano e lo spiegò un pò. Poi disse: “Questa spiegazione aiuterà ognuno dei presenti a capire questo verso, ciascuno ad un livello (di comprensione) corrispondente alle proprie cognizioni, ma il suo significato reale non è per voi. Non potete capire quello che sto dicendo. C’è solo uno degli ascoltatori in grado di apprezzare i profondi significati del discorso ed è nascosto dietro un pilastro ed è coperto da un velo. Le mie parole sono state dirette a quella persona, non a voi, cercate di capire questo e non pensate a voi stessi come ricettacoli adeguati ad ogni pezzo di preziosa saggezza. Se voi sentite qualcosa da me che capite, allora molto bene, fatene buon uso sulla vostra strada, ma se sentite qualcosa che non capite, state attenti a non respingerlo. Quando succede questo, semplicemente mantenetevi in pace e siate umili abbastanza da accettare che possa essere stato diretto a qualcun’altro dell’assemblea, qualcuno che ha raggiunto un potenziale di comprensione superiore al vostro. Poi continuò in un altro, ancora più profondo livello di significato di quel verso del Corano e disse: “Ora, questo è oltre il livello anche di quella persona dietro al pilastro”.
Quando Jilani (Q.s.) ritornò in sè, i suoi discepoli lo informarono della natura dei suoi discorsi durante lo stato di assenza da sè. Jilani (Q.s.) allora disse loro: “O figli miei, se è vero che io dico cose contrarie alla Sharîah (legge divina) allora dovete colpirmi con la vostra spada”. Ciò che Jilani (Q.s.) intendeva con “contrario” alla Sharîah significava in effetti contrario alla vostra comprensione della Sharîah; poiché le persone non sono tutte sullo stesso livello di comprensione della Sharîah. Nel successivo incontro Jilani (Q.s.) disse ancora cose appartenenti ai reami della conoscenza di Allah Onnipotente. Allora in accordo con le istruzioni dello Sheikh i discepoli estrassero le loro spade ed incominciarono a colpirlo, ma le loro spade passavano attraverso la figura dello Sheikh così facilmente come se passassero attraverso l’aria. Colpirono e colpirono ma era come se il suo corpo fosse un miraggio. Quando Jilani (Q.s.) tornò a sè, i suoi discepoli gli dissero: “O nostro Maestro, hai di nuovo detto di quelle parole.” “E voi cosa avete fatto a riguardo?” “Come ci hai istruito, ti abbiamo colpito con le nostre spade, ma esse passavano come attraverso aria fine.” “Allora non dovevo più essere là. Non c’era più Jilâni da essere tagliato dalle vostre spade. Jilâni era dissolto nell’Unità del Signore Allah l’Onnipotente. Era Lui solo che vi parlava.”

Certamente qualcuno solleverà delle obiezioni dicendo che non c’è nessuna evidenza dalle Scritture del fatto che Allah possa parlare attraverso un intermediario diverso da un Profeta (s.A.’a.s.). Sia il Corano che la Torah narrano che Allah parlò a Mosè attraverso un cespuglio in fiamme, ed ogni credente accetta questo. Nella vostra opinione, qual’è il veicolo più nobile per la Luce Divina, il più nobile strumento per la Saggezza Divina, il cespuglio o l’uomo? E’ l’uomo o il cespuglio “la corona della creazione”? C’è terreno sul quale respingere questo punto?
Quando una persona raggiunge la stazione dell’Unità egli lascia dietro di sè la sua propria esistenza, cosicchè l’Unità Divina lo sopraffà: potete vederlo come Jilâni ma non è più Jilâni (Q.s.). Siamo tutti gravati dal peso del carico di questa vita e ci carichiamo di quel peso solo perché non vogliamo sollevarcene. Alcune persone sciocche non sono soddisfatte di portare i loro pesi ma invidiano i pesi degli altri.
Il risultato è questo: fintanto che uno porta il peso del suo io molti altri lo attaccheranno e sarà colpito da frecce e pugnali, ferito dalle spade dell’invidia e dell’inimicizia. Raggiungere la porta dell’Unità con l’Onnipotente è la sola via per essere liberato dalle sofferenze di questo mondo e tutti i Profeti di Dio hanno insegnato metodi per raggiungere questo scopo. Comunque, la resistenza nell’uomo è molto forte e, generalmente, maggiore è la nostra fortuna mondana più difficile sarà raggiungerlo.
Questa è una delle principali ragioni per cui la legge Divina rivelata attraverso i tempi ha richiesto al ricco di dare in carità al povero. Oltre agli ovvi benefici di sollevare dalla povertà chi riceve e di proteggere il donatore dall’invidia, dare in carità allena le persone benestanti a rinunciare ad una parte della loro ricchezza e così purificarla e purificarsi. E per questo che la parte dovuta ai poveri si chiama Zakât (purificazione). Purificazione da cosa? Dal nostro attaccamento ad un’esistenza separata.
Sha’bân ar-Rai (Q.s.) era un semplice pastore ed anche uno dei grandi Santi Sufi dell’inizio dell’era islamica. Visse nel tempo in cui i quattro ben rinomati Imam delle scuole sunnite di giurisprudenza erano impegnati a compilare i canoni delle loro rispettive scuole. Uno di questi grandi dotti, Imam Shafi’i (Q.s.), considerava Sha’bân ar-Rai (Q.s.) suo tutore spirituale.

Un’altro dei quattro grandi Imam, Aḥmed ibn Hâmbal (Q.s.), essendo scettico di uno Sheikh così illetterato, decise di porgli una domanda molto semplice per accertare il suo livello di conoscenza. Imam Shafi’i (Q.s.) lo ammonì: “Stai attento a non pensare a lui come a un sempliciotto, perché se gli domandi con questo preconcetto, capirà la tua intenzione nascosta e ti svergognerà. Imam Aḥmed (Q.s.) era comunque determinato a proseguire il suo corso, e così gli domandò: “Qual è la quota di Zakât che tutti i musulmani non indigenti devono pagare ai poveri?” “Di quale Zakât stai chiedendo. La vostra Zakât o la nostra? Secondo la vostra varietà di conoscenza o secondo la nostra via?” Sorpreso e sempre sospettoso di eresia, Imam Aḥmed chiese: “Cosa? Pretenderesti dire che vi sono due quote di Zakât nella Sharîah? Vorrei sapere quali sono e su quali evidenze basi le tue affermazioni.” “Secondo la Sharîah come si applica a te e a quelli che sono sulla tua via, è incombente sopra ogni persona di dare ai poveri un quarantesimo del suo oro, argento, greggi e merci. Secondo la Sharîah come si applica ai suoi schiavi, gli schiavi e tutto ciò che possiedono appartiene al loro Padrone. Per cui, nella nostra via, di ogni quarantesimo, quaranta sono per il nostro Signore e niente è per noi”. Allora Imam Aḥmed (Q.s.) gli chiese: “Su quale autorità basi questo? Chi è il tuo Imam e qual è la tua catena di trasmissione indietro fino al Profeta (s.A.’a.s.)?”

“Il nostro Imam è Abu Bakr as-Siddiq (R.a.) (il primo Khalifa dell’Islam): egli diede tutta la sua ricchezza per il suo Signore.” Richiedendo così di rinunciare almeno ad un quarantesimo della loro ricchezza ogni anno, viene dato agli uomini il via lungo il cammino della rinuncia. E rinunciare al possesso anche di un piccolo valore è una lotta per l’uomo, che è nato in questo mondo a pugni chiusi ma dovrà lasciarlo a mani aperte. Nulla di ciò che potrà raccogliere dai tesori di questo mondo lo renderà capace di risiedervi per sempre. Così, aprite le vostre mani mentre sono ancora calde; questo è meglio per le vostre anime, poiché la pratica di vivere a mani aperte vi preparerà a vivere la vostra esistenza nella sublime Unità Divina. Questo è il più alto livello di bene in questo mondo e l’Onnipotente promette una grande ricompensa:

“Sarà la ricompensa del bene altro che il Meglio?”        (Qur’an, 55,60)

Il Signore Onnipotente accetterà la vostra esistenza e vi darà da Se stesso. Questo è il significato di “Fana-fillah” (annichilimento in Dio) e “Baqa-billah” (permanenza in Dio): la vera esistenza nell’oceano dell’unità di Allah Onnipotente. Nessuno può anticipare quell’infinito piacere. Possa Allah concedercelo. Ma ogni cosa ha il suo prezzo….


Tratto dal libro “Oceani d’Amore